Il cavolfiore è il frutto della Brassica oleracea L., pianta che appartiene alla famiglia delle Brassicacee o Crucifere, la stessa di broccolo, cavolo cappuccio, crescione, rucola, cavolini di Bruxelles. Come dice il nome, che deriva dal latino caulis (fusto) e fioris (fiore), la sua forma richiama quella di un fiore. Si caratterizza infatti per una infiorescenza tonda, chiamata testa o palla, generalmente bianca, ma che può essere anche gialla, verde o addirittura viola. Il cavolfiore bio che trovi in assortimento nel nostro reparto ortofrutta proviene dal nostro ecosistema agricolo Le Terre di Ecor.
Sembra che l'origine del cavolfiore sia da rintracciare nel Vecchio Continente. Già conosciuto nel periodo greco romano, era considerato sacro dai Greci e "curativo" dai Romani, che lo utilizzavano a crudo. Pare fosse coltivato e commercializzato già nel Seicento: non è quindi difficile intuire come si sia poi diffuso in tutto il mondo. Nel tempo, il cavolfiore è stato protagonista di numerosi detti popolari. Un esempio? “Nascere sotto un cavolo”, che farebbe riferimento al movimento compiuto per prelevarne la testa al momento della raccolta, che ricorda quello della levatrice durante il parto.
In genere, il cavolfiore viene annoverato - insieme a coste, radicchi e altre Brassicacee - tra gli ortaggi da portare in tavola nel periodo invernale. Ne esistono tuttavia anche varietà precoci, alcune delle quali maturano addirittura in ottobre, mentre altre nel periodo di novembre-dicembre. Ce ne sono infine di, tardive, che arrivano nei mesi da marzo a maggio. Resta comunque il fatto che, anche dal punto di vista culinario, per non parlare delle sue caratteristiche nutrizionali, si tratta di un ortaggio tipicamente invernale, come testimonia anche il suo impiego per zuppe, minestre e vellutate.
Oltre al diverso periodo di maturazione, si distinguono diverse varietà di cavolfiore, in base alla zona di coltivazione e anche al colore delle cime, che possono essere bianche, ma anche verdi oppure viola: ne sono un esempio, due varietà tipicamente italiane, il cavolfiore verde di Macerata e il violetto di Catania. Esiste poi addirittura una variante arancione di cavolfiore, che pare sia stata scoperta oltreoceano - non senza una certa meraviglia - da un agricoltore canadese e che deve l'arancio delle sue cime al contenuto di betacarotene, la stessa sostanza che "dipinge" di arancio le carote.
Anche se in italia è poco usuale, il cavolfiore lo si può consumare crudo, tagliato a fettine sottili, in insalata o marinato con limone, sale e pepe. Ben più comune è il suo utilizzo cotto: l'unico inconveniente potrebbe riguardare l'odore sprigionato in cottura, cui si potrà ovviare aggiungendo all'acqua di cottura una mollica di pane imbevuta di aceto oppure succo di limone. Ritroviamo dunque il cavolfiore bollito, cotto al vapore, al forno o in padella, addirittura arrosto. Si consiglia comunque di preferire cotture non troppo prolungate, che ne preservino maggiormente le caratteristiche nutrizionali.