Il carciofo è una pianta che negli orti del nord Italia è poco conosciuta, mentre nel centro-sud è assai comune. Il rialzo delle temperature invernali consente però la coltivazione anche in quelle regioni dove la sua crescita si pensava impossibile. Si danneggia a temperature vicine allo zero, ma resiste anche fino a -8 °C. Per questo è consigliata una serra o un piccolo tunnel per proteggerla dagli sbalzi termici notturni nei luoghi a rischio di gelate. La scelta varietale è influenzata dal luogo di coltivazione, in relazione sia alla resistenza al freddo che alle scelte gastronomiche. Le varietà sono centinaia: quelle maggiormente consigliabili in un orto sono i romaneschi, con capolini carnosi e poco spinosi, nonché le varietà violette spinose, saporite, molto produttive per un piccolo orto familiare, ma con delle spine consistenti sulla cima del capolino, da togliere prima della cottura. La coltivazione del carciofo richiede lavori costanti, ma che vengono ripagati dalla durata della carciofaia che può essere anche di 7-10 anni. Quindi va scelto un luogo soleggiato, sapendo che il carciofo lo occuperà per molto tempo.
Il terreno deve essere lavorato in profondità, non deve presentare ristagni idrici, deve essere privo di erbe infestanti e con abbondante acqua a disposizione. Generalmente non si utilizzano pacciamature artificiali, semmai pacciamature con paglia. La distanza d’impianto è 80-100 cm sulla fila e 150 cm tra le file. È preferibile prevedere un impianto di irrigazione con ala gocciolante, perché necessita di copiose irrigazioni settimanali. Il terreno del trapianto deve essere ben lavorato e soffice. Poco prima del trapianto è opportuno fare un bagno radice con il preparato biodinamico Fladen Colloidale (reperibile presso Az. Agr. Biodinamica Ca’ Dell’Olmo biodinamica-si@gmail.com). I trapianti vanno eseguiti in primavera tra marzo e aprile oppure tra settembre e ottobre. Le persone più appassionate potranno seminare direttamente il carciofo in alveoli e farsi le piantine in questo modo. Tuttavia, la tecnica più semplice è quella di acquistare le piantine, se possibile biologiche, e trapiantarle tra marzo e aprile. Se invece siete già in possesso di qualche pianta di carciofo, o conoscete qualcuno che le abbia, potete utilizzare i germogli in eccesso con una parte di radici e in questo caso avrete delle buone piantine da poter trapiantare: se utilizziamo i germogli in eccesso il trapianto va fatto in settembre-ottobre. La concimazione va effettuata con humus di lombrico o letame molto maturo: fate attenzione ad altri concimi troppo ricchi di azoto, perché danno un eccesso di sviluppo vegetativo e fanno ammalare la pianta più facilmente. Se durante il ciclo vegetativo la pianta necessita di impellenti nutrienti potete usare il macerato di ortica.
Quando la pianta ha ben radicato ed è seguita con costanti irrigazioni, dopo circa 5 mesi inizierà a fare i primi capolini da raccogliere quando sono ancora chiusi. I capolini centrali sono generalmente ben più sviluppati, mentre i capolini secondari sono più piccoli ma ugualmente gustosi. Al termine della raccolta, la pianta non va più irrigata ma va lasciata appassire. Vanno tolte le parti secche e diradati i germogli che nel frattempo saranno cresciuti. Se vogliamo avere una produzione autunnale, all’inizio dell’estate, dopo un periodo di siccità, le piante vanno irrigate abbondantemente e mantenute irrigate per tutta l’estate. Il diradamento dei germogli che ogni anno crescono alla base è indispensabile per prolungare le produzioni negli anni. Il carciofo è soggetto ad alcune avversità animali, come gli afidi ma anche a piccoli roditori delle radici. Anche la patologie fungine e batteriche possono comparire. Ci verranno in aiuto le tecniche biologiche e quelle biodinamiche per mantenere le piante sane senza l’utilizzo di sostanze dannose alla salute dell’uomo e dell’ambiente. Il carciofo ci darà molte soddisfazioni e, nel caso non dovessimo raccogliere, i carciofi andranno in fioritura e le api ci ringrazieranno del buon nettare.